Azienda Elettrica Municipale di Milano (oggi a2a) (1910 -)

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Stato

Altre denominazioni:

  • Azienda Energetica Milanese
  • a2a Spa

Sede: Milano

Le origini dell'Azienda Elettrica Municipale non sono comprensibili se non si ricostruiscono, come antefatti, i percorsi istituzionali, le scelte strategiche e quelle legate alle innovazioni tecnologiche che videro coinvolti il Comune di Milano e la società Edison: quest'ultima sul territorio avviò, qualche decennio prima della nascita della municipalizzata, la produzione e la distribuzione dell'energia elettrica a Milano.
Proprio Milano, a fine '800, si configurava come centro industriale e finanziario in ampio sviluppo, polo tecnico di rilievo e terreno fertile all'apertura di grandi imprese. Qui Giuseppe Colombo nel 1884 aveva attivato una Centrale elettrica su licenza americana. Si era in una città la cui popolazione cresceva e anche le attività artigianali erano ampiamente presenti e distribuite. La classe dirigente attingeva a una elite fatta di uomini con preparazione tecnico-scientifica, spesso pure imprenditori formatisi al Politecnico. L'apertura della Ferrovia del Gottardo e l'Esposizione di Milano del 1881 avevano contribuito infine a rafforzare i legami tra Milano e l'Europa.
Milano cominciava in questi anni a richiedere quantità sempre maggiori di "energia": si comprava carbone e si produceva forza motrice attraverso generatori di vapore. Il problema della produzione di forza motrice rappresentava un limite allo sviluppo industriale della città e pertanto divenne di primaria importanza cercare soluzioni per il trasporto a grandi distanze di energia prodotta in luoghi diversi da quello urbano. A Paderno e a Vizzola la Edison e la Società Lombarda individuarono due cadute, salti d'acqua, che potevano essere sfruttate per la produzione: rimaneva il problema del trasporto. In questo clima la Edison aveva ottenuto la concessione per elettrificare le linee tranviarie della città: il Comune infatti si era arrogato il diritto di gestire amministrativamente le tranvie in una sorta di precoce municipalizzazione, "appaltando" a Edison gli aspetti tecnici. A questo punto la domanda potenziale di energia espressa dalla città era tale da giustificare un piano di costruzione di Centrali. Nel 1896 iniziarono i lavori della Centrale termoelettrica di Porta Volta che si avviò nel 1897. L'anno dopo partì la Centrale idroelettrica di Paderno, con una produzione meno onerosa perché non più dipendente dal carbone estero. La Centrale di Paderno produceva per alimentare le tranvie, quella di Porta Volta serviva come riserva in caso di interruzione della produzione idroelettrica. Nel 1898 a Santa Radegonda si installò una batteria di accumulazione: la domanda aumentò e quindi anche queste riserve vennero distribuite (1899). Di fatto la Edison realizzò una situazione di monopolio che generò una reazione negativa anche nell'ambiente economico e commerciale per gli alti prezzi. Sollecitato in questo senso il Comune di Milano intervenne cercando di contenere la propria dipendenza da Edison. La legge Giolitti del 1903 sulla municipalizzazione lo spinse ancor più a contrastare tale monopolio e produrre energia "in proprio".
Dal punto di vista "istituzionale" il Comune decise di avviare la municipalizzazione elettrica in un regime di risparmio, potremmo dire "in economia", non creando una istituzione separata ma nominando al proprio interno una Commissione dedicata. Si rimandava quindi a un secondo momento la creazione di una Azienda speciale ovvero di una struttura con poteri decisionali, patrimonio, bilancio, capacità contrattuali autonome e soprattutto con personalità giuridica riconosciuta.
Il piano di "emancipazione" prevedeva la costruzione di impianti idroelettrici e il potenziamento delle riserve termoelettriche. L'Ufficio tecnico del Comune confezionò vari progetti che portarono nel giro di qualche anno alla costruzione di una Centrale termica situata sul piazzale della Stazione di Porta Romana su un terreno comunale. L'ing. Tito Gonzales dell'Ufficio tecnico ne era il progettista e la Centrale di Piazza Trento entrò in funzione nel giugno 1905. La nuova situazione produttiva portò Edison a un contenimento dei prezzi, più in linea con quelli delle altre città italiane anche se la Centrale di Piazza Trento non era ancora sufficiente a garantire una vera concorrenza. Si ipotizzò quindi di acquistare energia da produttori all'ingrosso per poi distribuirla, ma per una gestione in proprio era necessario produrre direttamente: il Comune deliberò l'acquisto di concessioni per la costruzione di impianti idroelettrici in Valtellina. Le innovazioni tecnologiche nel trasporto dell'elettricità permettevano ora di ipotizzare sviluppi a ridosso delle Alpi e, in particolare per Milano, della Valtellina.
Il progetto di punta fu la costruzione di una Centrale a Grosotto e una Commissione dedicata ne seguì i lavori. L'impianto idroelettrico terminò nel 1910 mentre la stessa Centrale di Piazza Trento venne potenziata. Si era pronti a questo punto per la creazione dell'Azienda speciale che nacque ufficialmente l'8 dicembre 1910: l'AEM fu operativa a partire dal 1 gennaio 1911. Il Consiglio comunale nominò una Commissione amministratrice (5 membri) mentre la Giunta nominò il presidente (ing. Luigi Alzona), accanto a un direttore provvisorio, quel Tito Gonzales (che sarà direttore fino al 1922) già protagonista da quasi un decennio. Per gli anni avvenire AEM visse da un lato le difficoltà derivanti dall'imminente conflitto mondiale e successivamente quelle legate all'avvento del fascismo, determinate dall'acuirsi delle ingerenze politiche del Comune e dalle diverse Giunte che negli anni si susseguirono. In generale, durante la Prima guerra mondiale, la domanda di energia aumentò in dipendenza dalla scarsità del carbone. Solo nel dopoguerra però si poté cominciare a riparlare di aumento nella produzione di energia: fu dei primi anni '20 la valutazione di potenziare gli impianti idroelettrici. Il fascismo, rivedendo la vecchia legge sulle municipalizzate a cui era poco incline, concesse comunque all'azienda elettrica maggiore autonomia, pur sempre senza un concreto riconoscimento della personalità giuridica. Nonostante ipotesi di privatizzazione e concentrazione in un'unica impresa dei servizi elettrici e dei trasporti, con il regime si trasformarono gli equilibri individuando nella Commissione amministratrice di nomina podestarile esclusivamente ruoli di ordinaria gestione, mentre il potere di indirizzo passò più saldamente nelle mani del Comune.
Nel 1922 si avviò l'impianto di Roasco e qualche anno dopo (1925) partirono i lavori per l'impianto di Fraele che terminò nel 1928. In questi anni si erano avviati anche i lavori di costruzione di una Diga a Cancano (terminata anch'essa nel 1928) attraverso la quale si sarebbe potenziata anche la Centrale di Grosotto e la stessa Fraele.
Invertì la domanda la crisi del 1929. Sotto la presidenza di Albino Pasini e la direzione di Mario Cattaneo l'organizzazione interna cambiò. Si crearono tre direzioni: Affari generali, Direzione tecnica, Direzione amministrativa. Si ripensò allo sfruttamento delle Centrali anche attraverso la collaborazione con il rettore del Politecnico di Milano, Gaudenzio Fantoli, esperto di idraulica. Nel 1938 la Centrale di Stazzona, alimentata dall'Adda, entrò in funzione e fu anche progettato un nuovo invaso sopra a Cancano , il Bacino di San Giacomo. I lavori della Centrale di Lovero, invece, con in mezzo la Seconda guerra mondiale, terminarono solo nel 1948.
In città il secondo conflitto mondiale fu particolarmente duro soprattutto per i bombardamenti dell'agosto del 1943, ma furono più i privati ad esserne colpiti che le attività produttive industriali che si collocavano in periferia. Milano si fermò e per una ripresa dei consumi bisognò attendere la liberazione dell'aprile del 1945 con un incremento che risultò davvero lento. A distanza di tre anni finalmente la domanda crebbe e fu supportata dalla Centrale di Lovero, appena terminata, e dalla riattivazione di quella termoelettrica di piazza Trento; con la Diga di San Giacomo dal 1949 si potenziarono ancor più le possibilità produttive.
Nel 1951 in AEM la Commissione amministratrice venne presieduta da Roberto Tremelloni. Furono elaborati tre Piani quadriennali di potenziamento produttivo. Il primo Piano si inserì nel dibattito nazionale che tendeva sempre più verso il termoelettrico che sfruttava le disponibilità delle nuove forme energetiche (idrocarburi). Ma AEM, più per una contingenza sfavorevole che per scelte strategiche, rimase sull'idroelettrico potenziandolo. Nel 1953 però pure AEM entrò a far parte di un Consorzio (con Edison, Falck, Montecatini e Agip) per l'attivazione di una Centrale termoelettrica a Tavazzano (che utilizzava il gas metano di Cortemaggiore). In contemporanea "si spense" la Centrale di piazza Trento e si abbatterono le ciminiere pur mantenendo colà il funzionamento della Sottostazione di trasformazione.
Lo sviluppo crebbe e la domanda esplose: si avviava il boom economico.
Il secondo Piano Tremelloni (1956) prevedeva il completamento della Diga di Cancano, la costruzione di una Centrale a Grosio (entrerà in servizio nel 1960), il potenziamento di quella termoelettrica di Tavazzano e un accordo con ASM di Brescia per la costruzione di una centrale a nafta a Cassano d'Adda (attivata nel 1961).
Di qui il terzo Piano quadriennale proposto da Tremelloni dedicato alla gestione della sovrapproduzione che finalmente rappresentava una voce nuova. Il surplus permise di pensare alla ristrutturazione della rete a Milano, interrando i cavi ad esempio, e alla realizzazione del teleriscaldamento nel nuovo quartiere Comasina. Potenziare l'idroelettrico, dato il basso costo degli idrocarburi, non conveniva più e perciò si puntò di più sulla produzione di Cassano e Tavazzano.
Con l'arrivo della nazionalizzazione dell'energia elettrica e la creazione dell'Enel che rappresentò il monopolista pubblico, alle municipalizzate dell'elettricità si diedero due anni di tempo per una "riconversione". Scaduto questo periodo a Milano, il 7 settembre 1964, AEM chiese a Enel la concessione per proseguire autonomamente l'attività nel settore, in via eccezionale, nonostante la perdita economica ingente che ne derivava per le casse del Comune che non avrebbero beneficiato dell'indennizzo previsto. La concessione di Enel a AEM tardò ad arrivare permettendo così comunque di mantenere lo status quo ante nell'esercizio dell'attività. Nel 1970 però Enel nazionalizzò la Centrale di Tavazzano facendo perdere ad AEM una fetta di produzione energetica. AEM era a questo punto un'azienda che attingeva prevalentemente a impianti idroelettrici; di contro Enel produceva per il 70% attraverso il termoelettrico. L'imprevista e dolorosa via verso gli shock petroliferi si aprì nel 1973 (e poi 1979-80): si cominciò a pensare a piani energetici sempre meno dipendenti dal petrolio (fino al nucleare). A questo punto aver puntato sull'energia idroelettrica era risultato "conveniente".
Gli anni '70 avevano rappresentato una fase di immobilità nel potenziamento degli impianti in seguito all'opposizione dell'Enel. Con gli anni '80 invece si assistette a una grande trasformazione: i vincoli dell'Enel furono resi meno coercitivi consentendo il rinnovo delle concessioni idrauliche alla scadenza e non il loro trasferimento all'ente nazionale. Inoltre molte municipalizzate rivolsero la loro attenzione al gas. A Milano, dopo anni di controversie per un eventuale riscatto della gestione da parte del Comune nei confronti di Edison, che si serviva di una rete adatta alla distribuzione del gas manifatturato, nel 1980 quella che era ormai divenuta la Montedison rinunciò a svilupparsi nel settore. Il Comune investì così AEM di questa nuova attività introducendola al gas naturale, tanto da farle modificare la denominazione in Azienda Energetica Milanese. L'azienda si impegnò nell'approntare un "piano energetico per l'area milanese" (1982) volto alla conversione della rete di distribuzione verso il metano (programma di metanizzazione) oltre che allo sviluppo del teleriscaldamento attraverso la cogenerazione (riprendendo il pioneristico intervento del 1960 della Comasina).
Rimandando ad altre sedi gli approfondimenti delle vicende più recenti, concludiamo questa sintesi ricordando alcuni passaggi istituzionali importanti degli ultimi anni: la trasformazione nel 1996 in società per azioni avviando quella privatizzazione che porterà AEM nell'estate del 1998 alla quotazione in Borsa; la fusione nel 2007 con Asm Brescia e poi Amsa Milano; infine la creazione nel 2008 del Gruppo a2a, multi utility operante nei settori dell'energia, ambiente, calore e reti.

Antonella Bilotto*
* (il testo viene realizzato sintetizzando il prezioso lavoro di C. Pavese, "Un fiume di luce. Cento anni di storia dell'AEM", Milano, 2011, a cui si rimanda per approfondimenti; sono state messe in evidenza le questioni istituzionali e le strategie di produzione perché in archivio si possono riscontrare attraverso moltissimi documenti).

Note:
Per un esaustiva ricostruzione della Storia di AEM si veda soprattutto: C. Pavese, "Un fiume di luce. Cento anni di storia dell'AEM", Milano, 2011.

Complessi archivistici

Fonti

  • Un fiume di luce =

Compilatori

  • Aggiornamento scheda: Antonella Bilotto (Archivista) - Data intervento: 30 gennaio 2015